martedì 18 marzo 2014

Renzi in Europa

L’incontro tanto atteso è avvenuto; Renzi nella giornata di ieri ha incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel, e i due sono diventati subito amici (almeno così è sembrato dall’atteggiamento del premier italiano, che si è rivolto al primo ministro tedesco addirittura chiamandolo per nome).La Merkel, dopo aver esaminato il piano di riforme stilato da Matteo Renzi (ma soprattutto dopo aver ricevuto l’ok da parte del proprio ministro delle finanze Schäuble) si è detta favorevole, a patto però che si rispetti il fiscal compact, tanto a cuore alla Germania. L’Italia, ricorda, presiederà alla commissione per la disoccupazione giovanile, e dunque avrà l’occasione per dimostrare ciò che intende fare nel settore. Durante la conferenza stampa, Renzi sembra essere molto a suo agio, forse troppo, tanto da ricordare per qualche attimo Silvio Berlusconi. Inizia il suo discorso con un “grazie Angela” ma poi si fa subito serio. La prima parte del discorso verte sul ruolo che ha l’Europa nei confronti dell’Italia, egli infatti chiarisce subito che le riforme che ha in mente il governo non vengono fatte per compiacere l’Europa, ma perché “ce lo chiedono i nostri figli”. E’ un’affermazione molto importante, che ribadisce per l’ennesima volta un concetto tanto caro al neo premier, ovvero quello di affermare l’importanza dell’Italia nello scacchiere geo-politico europeo. D’altronde già nell’intervista al TG5 aveva affermato che “l’Italia non è un alunno somaro da mettere dietro la lavagna. Riconquistiamo l’orgoglio di essere italiani”. Una frase che forse potrebbe piacere poco alla sinistra, ma che in questi tempi è assolutamente condivisibile ed utile per dare fiducia al paese. Come in quasi tutte le conferenze stampa (era già successo al congresso del PSE, alla conferenza stampa sullo Jobs Act e ieri con la Merkel), Renzi ha ricordato il suo trascorso da sindaco di Firenze, auspicando un “nuovo rinascimento” per l’Europa, termine assai caro agli intellettuali europei. E’ un fenomeno tutto italiano quello del rinascimento, e non a caso è stato citato dal premier italiano. Certo, c’è una buona percentuale di amor proprio  nell’aver espresso quella frase, ma è un modo per ribadire l’importanza non solo economica dell’Italia nell’Unione, ma anche storica. Inutile ricordare di essere stati fra i padri fondatori dell’Unione Europea. Renzi continua però a rassicurare l’Europa: “L’Italia non chiede di sforare i limiti di Maastricht, non vuole cambiare le regole dando il messaggio che le regole sono cattive e che vengono da qualcuno fuori da noi: le regole ce le siamo date insieme, e sono importanti”. Ma allo stesso tempo, continua, per far ripartire il paese bisogna crescere, bisogna fare cioè quello che i governi precedenti (Monti e Letta) non hanno saputo fare: sì, è opportuno ridurre la spesa pubblica, ma è necessario, oserei dire doveroso, far ripartire l’economia interna, creare più domanda. E su questo neanche la Merkel ha avuto niente da obiettare, sono le basi dell’economia. La Germania, e l’Europa, sono favorevoli a delle riforme che vadano in questo senso, l’importante però è che non si superi quel limite deficit/PIL fissato al 3%, limite invalicabile, come le colonne d’ercole per l’antica grecia. Ma è normale avere questo punto di vista, soprattutto nei confronti di un paese che è sempre stato incapace di fare delle serie riforme, e che negli ultimi tempi ha spesso sfiorato la bancarotta. La Merkel aggiunge che i risultati delle riforme si vedono dopo due-tre anni, di fatto smorzando l’entusiasmo che si era creato intorno al segretario del PD. Renzi, dal canto suo, aggiunge che il suo “Jobs Act” è in realtà apprezzato in Italia, ma non è visto di buon occhio dai sindacati, ai quali dice però che l’unico modo per far ripartire il mercato del lavoro è quello di semplificare il mercato stesso. Detto ciò, non è vero che si viene a creare più precarietà.
Come primo “esame” europeo possiamo affermare che Renzi se la sia cavata abbastanza bene, ricevendo un sì, forse più per disperazione che ottimista, da parte della Merkel, che a quanto è sembrato, si è detta favorevole all’aumento percentuale del deficit/PIL: l’importante è che poi ciò porti qualche risultato buono. La questione più importante nell’incontro di ieri sembra però essere legato alle prossime elezioni europee. Entrambi i premier vivono con terrore la possibile vittoria delle forze anti-europeiste, e stanno correndo subito ai ripari, per evitare il peggio. Di fatti il problema populismo, che rischia di compromettere decenni di lavoro diplomatico, non esiste solo in Italia, ma anche in Germania, dove potrebbe sembrare paradossale il pericolo dell’anti-europeismo.
Il problema, forse, è che sia troppo tardi ora. Oppure no?

Federico Sconocchia Pisoni - @fedescony

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