E’ sempre più sottile il filo
che collega Forza Italia ed il Partito Democratico sulla legge elettorale. Di
fatti oggi sulla votazione per le preferenze (emendamento La Russa) sui 360
potenziali “no”, ce ne sono stati soltanto 299, dunque 61 in meno fra persone
assenti e “franchi tiratori”.
Dunque la situazione diventa
sempre più rischiosa, se Forza Italia e PD fino a qualche settimana fa
sembravano certi del buon esito della legge elettorale, ora sono un po’ più
preoccupati. Più preoccupato fra i due partiti è il PD, che si è sempre vantato
di essere un partito con tanta, forse troppa, democrazia interna, ma che in
questi giorni sembra stare perdendo questa buona tradizione. Un PD che spesso
nella sua storia ha visto al proprio interno franchi tiratori (basti ricordare
le ultime votazioni per il presidente della Repubblica, il famoso “caso Prodi”),
e continua a vederne, come in un incubo senza fine.
In questi giorni infatti il PD
è più fragile che mai dalla caduta del governo Prodi nel 2008. Sempre riguardo
la legge elettorale, in particolare sulla parità di genere, ci sono stati altri
contrasti all’interno del partito, tant'è che Renzi ha chiesto di fare un uso
minore del voto segreto. Si vocifera che ci sia stato un significativo faccia a
faccia fra Rosy Bindi e Matteo Renzi, con una Bindi perlomeno stizzita dal
comportamento del proprio segretario. Cresce la paura nell’ex sindaco di vedere
sfumare l’accordo sulla legge elettorale, tanto demonizzata dal parlamento, ma
che segnerebbe il primo passo del governo Renzi, il primo passo importante.
Premier che ha chiarito subito “Chi
non vota la legge elettorale, lo vada a spiegare al paese”, come se ciò
costituisse davvero una minaccia per i parlamentari.
Il segretario dei democratici
si è però detto favorevole all’alternanza di genere nelle liste del PD,
scrivendo su Facebook che sempre nella sua carriera ha dimostrato di voler
mantenere la parità di genere (non ultima la squadra di governo, composta da
otto ministri uomini ed otto donne).
Anche riguardo le soglie di
sbarramento sono venuti a mancare 101 voti potenziali. Centouno, come i già
citati franchi tiratori di Romano Prodi. Coincidenze che tornano. E per soli trentacinque
voti non è stato promosso l’emendamento sulle preferenze, mal viste da Silvio
Berlusconi. Come già accaduto nella storia della sinistra italiana, bisogna più
guardarsi dagli amici che dai nemici.
Riguardo questa considerazione
non può non venire in mente Pippo Civati, secondo fra gli sconfitti nella corsa
elettorale alla segreteria del partito. Civati teme che con l’accordo con
Silvio Berlusconi il PD possa scomparire. Di fatti il PD sta votando contro il
suo stesso programma, aggiunge, ed è esterrefatto dalla situazione che si è
creata intorno al conflitto d’interesse. E’ di poco fa la notizia per cui la
Moretti ha dichiarato “Ci hanno fatto votare contro il conflitto di interessi”.
Inutile ricordare quante battaglie il PD, o quel che c’era prima, ha fatto per
il conflitto di interessi. Anche Di Battista sembra scongiurare il PD, con
parole che sembrano meno cruente del solito ma più supplichevoli, di uccidere
una volta per tutte politicamente Silvio Berlusconi, preghiera che non sembra
essere ascoltata dai democratici fedeli al neo-premier.
Insomma, PD o non PD? Questo è
il solito dilemma.
Federico Sconocchia Pisoni - @fedescony
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